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Cari lettori,

ho voglia di fornirvi un piccolo aggiornamento sulla mia situazione personale. In questo momento sono ancora a Monaco di Baviera e sono in trattative con la mia azienda per il rinnovo del mio contratto. Sono ottimista: loro vorrebbero che io continuassi a lavorare per loro e io rimarrei volentieri con i miei colleghi, magari con un ruolo migliore.

È uno di quei periodi in cui non riesco a curare tantissimo il blog, purtroppo. Ho praticamente solo il week-end libero ed è difficile concentrarsi la sera per scrivere, una volta tornato a casa dal lavoro. Ad ogni modo, ho iniziato a lavorare su un grande progetto: la traduzione e riscrittura della storia del mio Cammino di Santiago. L’idea è quella di pubblicare un ebook e vedere un po’ se posso permettermi di scrivere in inglese o se è meglio dedicarsi ad altro. Sono rimasto sorpreso dalla buona ricezione della storia da parte vostra su questo blog e questo mi incoraggia a rifare tutto in inglese. Non sarà una semplice traduzione, ma cercherò di scrivere un vero e proprio libro a partire dal racconto delle varie giornate che potete trovare qui su Chi-quadro.

Mi piacerebbe completare il tutto entro fine Marzo, in modo da poter iniziare a distribuire una versione completa del libro in tempo per il primo anniversario della mia partenza per il Cammino, il primo Aprile.

Non sarà facile, ma cercherò di impegnarmi e scrivere un po’ ogni giorno. Non sono mai stato bravo ad essere così costante con lo studio, speriamo almeno che lo sia con la scrittura! Ho già buttato giù una bozza del primo capitolo, che descrive un po’ la situazione precedente alla partenza e introduce quello che è il mio personaggio.

Ho deciso di scrivere in inglese perché fortunatamente ho anche amici che non sono italiani, molti dei quali conosciuti proprio lungo il Cammino. Scriverò il libro usando un editor TeX, in modo da dare un aspetto dignitoso e consono al manoscritto finale.

Nel caso abbiate voglia di leggere una piccola anteprima, sapete come contattarmi. Ogni feedback è gradito e mi sprona ad andare avanti nella scrittura.

Grazie a tutti!

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F1 – Guerra tra Lotus e McLaren: cosa Boullier in pentola

Prima immagine della Lotus E22

Prima immagine della Lotus E22, con l’originale (per non dire orribile) muso a tricheco asimmetrico. Povera F1…

Soldi, soldi e ancora soldi. Ormai in Formula 1 non si parla più di motori, di piloti, di duelli e di circuiti leggendari. A parte Ferrari, RedBull e Mercedes, tutti gli altri team hanno inscenato una guerra dei poveri che si abbina benissimo a quell’ondata di cambi regolamentari che può essere riassunta come “La stagione 2014 di Formula 1”.

Lotus e McLaren si trovano nel mezzo, squadre blasonate ma reduci da una stagione difficile e per molti aspetti deludente. Tra i due litiganti, quello che sembra godere di più è Eric Boullier, da pochissimo ex Team Principal della Lotus. A voler sentire i giornalisti d’oltremanica, sembra praticamente certo il suo approdo alla McLaren al posto di Martin Wiitmarsh, scaricato dal potentissimo Ron Dennis. Uno scambio ad alti vertici che, personalmente, non riesco a giudicare favorevole nei confronti di uno dei due contendenti. E’ evidente che entrambi avevano bisogno di cambiare aria.

Il team di Enstone non ha preso benissimo la dipartita di Boullier e ha liquidato la faccenda con un ironico tweet:

Dove le “Cinquanta sfumature di grigio” sono un’evidente allusione al suo prossimo approdo in McLaren. Il vero campione di giornata, tuttavia, è un altro utente di Twitter, @adamcooperf1, che ha risposto così:

 

 

Personalmente, mi sono fatto una grandissima risata, un po’ per i toni di questi due tweet, un po’ perché “Quantum Enigma” è un titolo che si fa fatica a dimenticare. Soprattutto se hai passato gli ultimi mesi del 2013 a cercare di concludere un accordo plurimilionario con il fantomatico gruppo d’investimento Quantum, sfumato all’ultimo secondo e che li ha lasciati, senza molta ironia, in mutande e attaccati al rubinetto della PDVSA di Pastor “13-Portafortuna” Maldonado.

A giudicare dalle prime monoposto presentate, quest’anno ne vedremo delle brutte… Bruttissime.

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In risposta a Matteo Cavezzali – Italiani all’estero

Tornando a casa in serata, sul tram, si dà spesso un occhio al proprio cellulare per guardare un po’ cosa sta succedendo ai propri amici sui social network. Finita la cena e salutata la collega francese (che tornerà a vivere a Parigi) e il collega tedesco (prossimo al trasferimento in Canada), è tempo di dedicarsi ai propri conoscenti rimasti in Italia: qualche sfottò, due messaggi su whatsapp e una piccola occhiata al feed di Facebook.

A causa di quello che ora posso definire uno sciagurato “Mi Piace”, mi sono ritrovato a leggere questo articolo dal titolo: “Italiani all’estero, ecco come passano il loro tempo”. Credevo di trovare qualcosa di scherzoso o comunque ironico. Mi sono trovato di fronte ad una valanga di puttanate. Non saprei quali altre parole usare e mi scuso con i miei lettori meno volgari.

Credo, tuttavia, che bisogna dare un nome alle cose. Un nome che le rispecchi, che possa far sì a chi lo ascolta di immaginarsi già di cosa si sta parlando. Se io parlo di una formula scientifica con un mio amico, lui sa di aspettarsi un qualcosa che serve a formalizzare un principio osservato in natura. Se definisco un articolo una valanga di puttanate, lo stesso amico sa già di dover leggere il suddetto articolo con occhio critico.

Il buon Matteo Cavezzali ha lanciato le sue personalissime Filippiche contro gli italiani all’estero. Ma attenzione, non tutti: solo quelli normali. Quelli che “per le feste tornano a casa” a mangiare tortellini e a salutare i parenti solo per potersi vantare di come si stia bene all’estero e di quanto siano retrogradi ed incivili gli “italioti”.

Beh, caro Matteo, vivo ormai da un po’ a Monaco di Baviera e per me sono i tedeschi ad essere dei “barbari”. Tutti lo sanno dove lavoro: non passa giorno che non chiami uno di loro “a barbarian”. La prima volta che sono tornato in Italia ho abbracciato il bidet e mi sono quasi commosso. Scrivi che ci lamentiamo perché siete ancora lì a guardare i TG con Silvio. Hai capito bene: ci lamentiamo perché per tutta l’estate e l’autunno non ho sentito parlare altro che di Berlusconi e di Dudù. Complimenti, avanti così. Credo che ogni persona dotata di intelletto si lamenterebbe di questo, invece che attribuire il fatto al capriccio di un emigrante.

Voglio lasciar correre sul “Che se non lo scrivevi venti volte su facebook non se ne accorgeva nessuno che non c’eri più e pensavano che c’avessi avuto un’influenza”, perché solo questo periodo (sintatticamente hitchcockiano) dovrebbe bastare a far cestinare l’articolo e a farti guadagnare l’interdizione perpetua ai pubblici uffici. Un consiglio: pare che l’Arno sia un ottimo fiume in cui andare a sciacquare i propri panni letterari – fallo il prima possibile.

Mi piacerebbe inoltre risponderti punto su punto:

  1. Può essere vero solo se, come molti nostri connazionali, non conosci né la lingua locale né l’inglese. Ma a quel punto il problema non è l’essere all’estero: se hai scelto comunque di emigrare (e non parliamo degli anni ’50), allora sei probabilmente già un c******* al naturale; lo saresti anche in Italia. Se poi non sai scrivere neanche un articolo in italiano e pretendi di pontificare dalle pagine del Peto Quotidiano… beh… intelligenti pauca.
  2. Sappiamo tutto dell’Italia. Esatto, hai ragione. Sappiamo della vita sessuale di Berlusconi perché è una cosa così eclatante e vergognosa che TUTTO IL FOTTUTO MONDO NE RIDE e l’unico modo per non venirne a conoscenza è strapparsi gli occhi e mozzarsi le orecchie. Mi raccomando, nel frattempo continua pure a seguire gli aggiornamenti twitter su Dudù e i beagles della Brambilla.
  3. Hanno freddo e non lo ammetteranno mai. Wow. Per un articolo che ha come titolo: “Ecco come passano il tempo gli italiani all’estero”, questo sembra uno scoop senza precedenti. Avanti così!
  4. Mangiano da schifo. Probabilmente non hai studiato da fuorisede e/o non hai mai vissuto da solo. In realtà siamo gli unici che, in un contesto internazionale, riescono ad ottenere fiducia incondizionata ai fornelli. Personalmente, cucino spesso per i miei colleghi, perché sono dei barbari e non capiscono un cazzo di cucina.
  5. Mentre voi parlate di Berlusconi e di Dudù, la disoccupazione giovanile è arrivata quasi al 50%. Molta gente va a lavare volentieri i cessi a Nantes, semplicemente perché lì un lavoro c’è e magari non è in nero. A San Lazzaro di Savena, per lavare i cessi devi essere in una cooperativa e firmare dei contratti del ca.ca.ca.zzo, se sei fortunato e hai esperienza da lavacessi. Inoltre, devi anche essere riconoscente a chi ti dà un lavoro, quasi come se ti facesse un piacere. Di Vittorio si sta rivoltando nella tomba.
  6. Fregano: se sei un disonesto, lo sei dovunque. Sai che tra i miei colleghi sono uno dei pochi a non aver mai preso il tram senza avere il biglietto valido? La finlandese per esempio, non l’ha mai fatto e, cosa molto importante, non mi dai del ladro senza conoscermi (se lo fai, ti consiglio di tornare all’ultimo periodo del punto 1).
  7. Il crescendo di puttanate termina con il gran finale. Il periodo finale non ha senso, c’è qualche verbo che manca nel testo perciò proviamo ad interpretare quello che sembra swahili. Io sono sempre contento di tornare in Italia. Mi dà fastidio che ci siano persone che scrivono puttanate, politici che rubano e persone che giorno dopo giorno perdono la speranza. Ma sono contento di tornare in Italia. Perché l’Italia è il paese che amo (se hai colto la citazione, dovresti preoccuparti meno di Dudù) e perché, pur di rivederla ogni giorno, ho piazzato degli stuzzicadenti con il tricolore in svariati posti dell’ufficio.

Me n’è rimasto uno. Ho sentito che c’è abbastanza posto al termine del tuo tubo digerente. Magari quando torno per le feste…

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Un Corvo

Crow drawing

Crow – by As00

L’aula del laboratorio si stava per svuotare. Al suono della campanella, i ragazzini più svegli si erano dileguati all’istante: preparavano con grande cautela il momento della campanella. Cinque minuti prima, iniziavano già ad infilare le penne nell’astuccio e ad allungarsi di nuovo le maniche delle magliette, portate sopra i gomiti nel vano tentativo di evitare grattacapi a chi avrebbe dovuto lavarle. Tutto ciò faceva parte della ordinaria routine di quel piccolo laboratorio. Il suo responsabile, occhiali rotondi e capelli che non si potevano definire né ricci né lisci, nutriva sempre la speranza che almeno uno di quegli scolari fosse realmente interessato a quella magnifica impresa dell’intelletto umano che chiamiamo scienza.

Il Corvo era colui che gli dava maggiori speranze. Un ragazzo di terza media intelligentissimo e socievole, ma con uno spiccato senso dello humor noir, da qui il soprannome affibiatogli dai suoi compagni di classe. Parlava spesso del film “Il dottor Stranamore” e di come avesse imparato a non preoccuparsi e ad amare la morte. Per non essere frainteso, specificava sempre che il suo amore per la morte era da un punto di vista squisitamente scientifico. Pura curiosità.

Una cosa strana per un ragazzino di quell’età. I suoi coetanei si avviavano a scoprire la vita e lui invece voleva capire fino in fondo il segreto della morte. Il che era un po’ come capire fino in fondo il segreto della vita, soleva ripetere. Per questo amava il modo razionale in cui le scienze procedono: scoperta dopo scoperta, smentita dopo smentita. Una sola domanda credeva fosse rimasta clamorosamente irrisolta: perché?

Aveva intuito benissimo il come ma il perché è da sempre ciò che affascinava l’uomo. Ed era ciò che affascinava terribilmente il Corvo. Ma dove poter cercare questo perché? La sua curiosità scientifica l’aveva portato al confine della natura. Varcarlo significava abbandonare i canoni scientifici ed abbracciare la metafisica. Non conosceva la filosofia, ma aveva già intimamente capito che esiste una campana di vetro sotto cui la scienza si protegge da ciò in cui si crede a priori.

Questa campana protegge benissimo da tutte le influenze esterne ma è comunque uno spazio chiuso. Un corvo non ama gli spazi chiusi: aveva bisogno di uscire, di trovare una via di fuga.

“La scienza non è esatta…” sbuffò il Corvo, guardando il responsabile del laboratorio. “Non lo è per definizione…” replicò quest’ultimo, sistemando distrattamente alcuni becher. Aveva ragione, non c’era nulla da obiettare a quella sua risposta.

“Cosa se ne fanno gli Einstein, i Galilei ed i Newton della scienza, adesso, sotto terra?” continuò il Corvo, cercando di portarlo in un vicolo cieco, spalle al muro.

“Un bel niente, suppongo, ma tu ora sei qui a parlare di loro”.

“C’è bisogno che ci sia qualcosa che vada oltre. Ce n’è assoluto bisogno, altrimenti potrei impazzire“.

“Non ci pensare, sei ancora un ragazzo…”

Non un ragazzo, ma un Corvo. Era insoddisfatto anche della religione, rea a suo dire di semplificare tutto ad una favoletta. Le riconosceva il merito di spingere l’uomo oltre la campana di vetro, ma così lontano da perderla di vista completamente.

Ci doveva essere qualcosa. Non poteva semplicemente spegnersi la luce. Tra sé e sé, rideva della complessità della domanda e della banalità della soluzione ai suoi dubbi. C’era solo un modo per soddisfare inequivocabilmente la sua curiosità, ma si arrabbiava al pensiero di non poter successivamente urlare al mondo intero l’enorme portata della sua scoperta!

D’altronde, cosa se ne farebbe il Corvo della sua scoperta, poi, sotto terra?

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Il CONDOM-inio: storie di un’Italia grottesca e underground

Il CONDOM-inio è un caseggiato dalla forma abbastanza particolare in zona Milano Sud, abitato da personaggi altrettanto sui generis. Non esiste nella realtà, ma sappiamo tutti benissimo che di condom-ìni e condòm-ini come quelli descritti in questo blog ne è piena l’Italia.

L’etimologia di questo nome deriva dallo Strozzapreti, il capostipite degli abitanti che negli anni ’60 vennero ghettizzati in questo scempio di edilizia civile.
“Marò è ch’è chist’ ? nu preservativ?”, narra la tradizione nostrana. Col tempo, e con l’influenza multi-etnica di Tony-tu-vo-fa-l’americano (poi accorciato in Tony-tu), il termine venne man mano plasmato fino all’unanime denominazione.

Il CONDOM-inio è un divertente blog che si auto-definisce grottesco e underground. I suoi racconti si nutrono infatti di personaggi eccentrici, simpatici, rissosi o degni del peggior sottosuolo di Dostoevskijana memoria. Giorno dopo giorno, seguiamo la vita di queste persone e impariamo a conoscere la variegata collezione di scheletri che ognuno di questi nasconderà nel proprio personalissimo armadio.

Spiare nei loro armadi sarà un po’ come spiare nei nostri. Conoscere le loro esperienze ci porterà inevitabilmente a riflettere sulle nostre e ridere delle loro disavventure ci farà forse tornare il sorriso su quelle capitate a noi stessi.

Ne abbiamo parlato con la mente dietro questo progetto: Macs Well (autore, tra l’altro, di “Constantin” e “Kebap in Okinawa”), a cui abbiamo posto quattro domande per permetterci di entrare nel CONDOM-inio dal portone d’ingresso e non da una delle scalette antincendio.

Come nasce l’idea del CONDOM-inio e qual è il tuo ruolo in questa avventura editoriale?

Il primo post del Condom, il prologo, è in realtà un fatto realmente accaduto anni fa. Un evento che mi ha turbato profondamente oltre ad essermi costato un millino in seduta dallo psicoterapeuta: il furto dello zerbino.

La Vecchia Maledetta è realmente esistita ed era la mia dirimpettaia di allora. Episodi del genere erano all’ordine del giorno. Il Condom è nato così.

Il mio ruolo? In americano potrei risponderti CEO, President, Director… in un linguaggio più autoctono sono il creatore del Condom nonchè mente pensante, master of puppet del Leccarospi e di alcuni altri personaggi che si inseriranno nei prossimi post.

Nel primo episodio iniziamo a conoscere alcuni personaggi: quali sono le loro peculiarità?

I personaggi più prolifici sono indubbiamente il Leccarospi, il prototipo del sognatore scansafatiche, poi abbiamo Kowalski, lo spacciatore zen che non perde occasione di sorseggiare tisane naturali e Darren, un attempato idolo di bimbeminchia emo (adolescenti moderne darkettone per intenderci).

Tutti i personaggi del Condom cercano di enfatizzare alcuni degli aspetti contraddittori della società moderna.

Puoi anticiparci qualcosa sui prossimi episodi?

Cito Californication con un semplice “scopate e cazzotti”.

Per concludere, perché non dovremmo perderci neanche un episodio del CONDOM-inio?

Non è una scelta, il Condom crea dipendenza…

Una dipendenza che si crea anche grazie al lavoro di raffinatura effettuato dalla editor di base @Mary McNeely. Il suo compito è infatti quello di “spendere del tempo” con i personaggi, armonizzarli all’interno della cornice generale del racconto e far sì che si venga a creare quella positiva dipendenza a cui ha accennato Macs Well:

 E’ stato un lavoro divertente e lo sarà anche in futuro con i nuovi episodi perché i personaggi principali sono così esasperati da essere geniali: vale davvero la pena passare un po’ della mia giornata con loro!

Per concludere, il consiglio che posso darvi è quello di ritagliarvi uno spazio quotidiano per leggere i racconti del CONDOM-inio e di seguire giorno dopo giorno gli intrecci orditi dai suoi autori, anche tramite Facebook.

L’aria è fredda, pungente. Anestetizza le narici dal puzzo nauseabondo di una settimana di putrefazione del locale rifiuti. Iniziamo la catena umana fino al marciapiede, in un certo senso emulando il processo di defecazione. Secondo gli ayurvedici, di purificazione. Dopo mezz’ora, però, mi guardo nel riflesso di un parabrezza e mi vedo un po’ più sporco di prima.

Torno a dormire, la mia giornata deve ancora iniziare.

Buona lettura!

 

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