Day 5 – Quando la neve / scende giù lieve / non indugiar si deve

6 Aprile 2013 – Villamayor de Monjardin

Che giornata! Sono state ventiquattro ore straordinarie!

Inizia così il mio diario il sei aprile, una volta arrivato a destinazione. Dopo il seratone a Puente la Reina, infatti, io e Caleb ci siamo incamminati avendo come obiettivo minimo Villamayor o, al massimo, Los Arcos (a più di 40 Km di distanza). La marcia è stata durissima per le condizioni meteo: definirle avverse sarebbe anche troppo lusinghiero.

Inizia a venir giù della gran neve.

Inizia a venir giù della gran neve.

Temperature decisamente invernali e una nevicata che ci ha colto completamente alla sprovvista. Fiocchi grossi e fitti che cadevano giù dal cielo come non mi era mai capitato in vita mia. Spettacolare. Io e Caleb abbiamo camminato ridendo per almeno mezz’ora, alzando la testa verso il cielo e ammirando questo spettacolo messo in scena da Madre Natura. Non era una semplice nevicata. Non era qualcosa a cui ero abituato.

Camminiamo parecchio durante la mattina perché fermarsi è impossibile. Il torace è esposto al vento e non hai modo di scaldarlo come puoi fare con le gambe. In quei momenti ho sentito parecchio la mancanza della mia fida sciarpetta del Foggia, lasciata clamorosamente a casa nel tentativo di risparmiare peso nello zaino.

Ci fermiamo brevemente per un panino in un bar, ma siamo costretti a mangiarlo camminando per evitare di raffreddare i muscoli. Il panino ha contribuito a tenere il morale alto. La bella ragazza della panetteria lo ha farcito con un ottimo chorizo della zona (salsiccia piccante): qualcosa di emozionante. Ho amato per cinque minuti quella ragazza alla follia. Lì, sotto la neve, in un paesino che sarà grande più o meno come Celle San Vito.

I fiocchi di neve erano così grossi che vengono bene persino in fotografia.

I fiocchi di neve erano così grossi che vengono bene persino in fotografia.

C’è tuttavia una grande macchia sulla tappa odierna. Dovevamo infatti passare per la famosa fontana di vino a Estella, ma l’abbiamo clamorosamente saltata a causa di alcune indicazioni ambigue con le frecce. Ci siamo fatti prendere dalla foga di arrivare e non abbiamo preso del tempo per controllare entrambe le strade, visto che su uno spigolo c’erano una freccia a destra e una a sinistra. Siamo andati a destra e siamo rimasti fregati. Qualcuno potrebbe vederlo come un suggerimento politico.

Abbiamo percorso un tratto di una vecchia strada romana, impantanati nel fango. L’idea di percorrere una strada così antica, che è lì da due millenni e mai restaurata, è davvero suggestiva. Magari in condizioni climatiche differenti l’avrei apprezzato maggiormente. Ho potuto scattare pochissime foto, avevo paura di rovinare la macchinetta o di farla cadere rovinosamente a terra durante qualche passaggio delicato.

Quando nel fango
debbo camminar
sotto il mio bottino
mi sento vacillar.
Che cosa mai sarà di me?
Ma poi sorrido e penso a te
a te Lili Marleen,
a te Lili Marleen.

Scriverò su Facebook in serata per alzare il morale: SOTTO IL SOLE E CON LA PIOGGIA NOI CANTIAMO FORZA FOGGIA!

Una volta arrivati a Villamayor ho preparato una semplice cena per Caleb: pasta aglio olio e peperoncino. Forse anche un po’ troppo peperoncino per i suoi gusti, infatti gliel’ho dovuta smorzare con delle sottilette fuse. Nel bar del paese precedente, abbiamo incontrato due dei “personaggi” del Cammino: Hélena e Xabier, mamma e figlio di otto anni dal Wisconsin, anche se di chiare origini spagnole. Lì per lì ti sembrano anche simpatici, poi Xabier si attacca e a volte non capisci se la sua è solo curiosità oppure talento innato nel rompere i coglioni.

Ad esempio, mentre cucinavo la mia pasta si avvicina e inizia a spiegarmi come suo padre, chef, cucina la pasta in modo diverso da come lo faccio io. Ha continuato per tutto il tempo di cottura fino a quando ho sbottato dicendo: “I don’t care, your father is professional. I’m just Italian.”

Intanto poi se l’è mangiata tutta la pasta che gli ho fatto assaggiare.

Altra nota dolente della giornata sono state le grosse vesciche che hanno colpito Caleb: lo zaino troppo pesante infatti lo ha danneggiato e durante gli ultimi chilometri potevo avvertire il suo dolore e la sua stanchezza. Ho lavato il suo bucato in modo che potesse riposarsi. Il vero problema era che l’indomani io avevo intenzione di arrivare a Logroño, sfondando i quaranta chilometri, mentre lui preferiva riposarsi e farne massimo una ventina. Le nostre esigenze erano inconciliabili e ho dovuto lasciarlo indietro. E’ stato molto brutto perché ti fa sentire male lasciare un amico indietro, ma il Cammino è così: ognuno ha il suo passo e sai che prima o poi può capitare di perdere qualcuno per strada.

Per quanto mi riguarda, invece, mi sento abb. bene, anche se i piedi fanno male. Ma fin quando non ci sono vesciche, posso resistere e stringere i denti. Devo provare a fare soste brevi ma più frequenti, per far respirare i piedi.

Spero che il tempo migliori. […] Buone sensazioni per il proseguimento.

WE CAN DO THIS!!

La grande sorpresa per me è stata l’assenza di vesciche. Davvero non potevo crederci visti i problemi che avevo avuto due anni prima sempre sul Cammino. Quella brutta esperienza mi ha però insegnato molto, e sono stato davvero contento di accorgermi che stavano venendo fuori dei calli invece che delle vesciche. La pelle si indurisce, fanno male quando cammini, ma è un dolore con cui si può convivere.

Abbiamo passato un’oretta al bar con altri tre uomini irlandesi e alle 22:00 eravamo già a letto, da bravi pellegrini.

Giorno successivo –>