In risposta a Matteo Cavezzali – Italiani all’estero

Posted by on 22 Gennaio 2014

Tornando a casa in serata, sul tram, si dà spesso un occhio al proprio cellulare per guardare un po’ cosa sta succedendo ai propri amici sui social network. Finita la cena e salutata la collega francese (che tornerà a vivere a Parigi) e il collega tedesco (prossimo al trasferimento in Canada), è tempo di dedicarsi ai propri conoscenti rimasti in Italia: qualche sfottò, due messaggi su whatsapp e una piccola occhiata al feed di Facebook.

A causa di quello che ora posso definire uno sciagurato “Mi Piace”, mi sono ritrovato a leggere questo articolo dal titolo: “Italiani all’estero, ecco come passano il loro tempo”. Credevo di trovare qualcosa di scherzoso o comunque ironico. Mi sono trovato di fronte ad una valanga di puttanate. Non saprei quali altre parole usare e mi scuso con i miei lettori meno volgari.

Credo, tuttavia, che bisogna dare un nome alle cose. Un nome che le rispecchi, che possa far sì a chi lo ascolta di immaginarsi già di cosa si sta parlando. Se io parlo di una formula scientifica con un mio amico, lui sa di aspettarsi un qualcosa che serve a formalizzare un principio osservato in natura. Se definisco un articolo una valanga di puttanate, lo stesso amico sa già di dover leggere il suddetto articolo con occhio critico.

Il buon Matteo Cavezzali ha lanciato le sue personalissime Filippiche contro gli italiani all’estero. Ma attenzione, non tutti: solo quelli normali. Quelli che “per le feste tornano a casa” a mangiare tortellini e a salutare i parenti solo per potersi vantare di come si stia bene all’estero e di quanto siano retrogradi ed incivili gli “italioti”.

Beh, caro Matteo, vivo ormai da un po’ a Monaco di Baviera e per me sono i tedeschi ad essere dei “barbari”. Tutti lo sanno dove lavoro: non passa giorno che non chiami uno di loro “a barbarian”. La prima volta che sono tornato in Italia ho abbracciato il bidet e mi sono quasi commosso. Scrivi che ci lamentiamo perché siete ancora lì a guardare i TG con Silvio. Hai capito bene: ci lamentiamo perché per tutta l’estate e l’autunno non ho sentito parlare altro che di Berlusconi e di Dudù. Complimenti, avanti così. Credo che ogni persona dotata di intelletto si lamenterebbe di questo, invece che attribuire il fatto al capriccio di un emigrante.

Voglio lasciar correre sul “Che se non lo scrivevi venti volte su facebook non se ne accorgeva nessuno che non c’eri più e pensavano che c’avessi avuto un’influenza”, perché solo questo periodo (sintatticamente hitchcockiano) dovrebbe bastare a far cestinare l’articolo e a farti guadagnare l’interdizione perpetua ai pubblici uffici. Un consiglio: pare che l’Arno sia un ottimo fiume in cui andare a sciacquare i propri panni letterari – fallo il prima possibile.

Mi piacerebbe inoltre risponderti punto su punto:

  1. Può essere vero solo se, come molti nostri connazionali, non conosci né la lingua locale né l’inglese. Ma a quel punto il problema non è l’essere all’estero: se hai scelto comunque di emigrare (e non parliamo degli anni ’50), allora sei probabilmente già un c******* al naturale; lo saresti anche in Italia. Se poi non sai scrivere neanche un articolo in italiano e pretendi di pontificare dalle pagine del Peto Quotidiano… beh… intelligenti pauca.
  2. Sappiamo tutto dell’Italia. Esatto, hai ragione. Sappiamo della vita sessuale di Berlusconi perché è una cosa così eclatante e vergognosa che TUTTO IL FOTTUTO MONDO NE RIDE e l’unico modo per non venirne a conoscenza è strapparsi gli occhi e mozzarsi le orecchie. Mi raccomando, nel frattempo continua pure a seguire gli aggiornamenti twitter su Dudù e i beagles della Brambilla.
  3. Hanno freddo e non lo ammetteranno mai. Wow. Per un articolo che ha come titolo: “Ecco come passano il tempo gli italiani all’estero”, questo sembra uno scoop senza precedenti. Avanti così!
  4. Mangiano da schifo. Probabilmente non hai studiato da fuorisede e/o non hai mai vissuto da solo. In realtà siamo gli unici che, in un contesto internazionale, riescono ad ottenere fiducia incondizionata ai fornelli. Personalmente, cucino spesso per i miei colleghi, perché sono dei barbari e non capiscono un cazzo di cucina.
  5. Mentre voi parlate di Berlusconi e di Dudù, la disoccupazione giovanile è arrivata quasi al 50%. Molta gente va a lavare volentieri i cessi a Nantes, semplicemente perché lì un lavoro c’è e magari non è in nero. A San Lazzaro di Savena, per lavare i cessi devi essere in una cooperativa e firmare dei contratti del ca.ca.ca.zzo, se sei fortunato e hai esperienza da lavacessi. Inoltre, devi anche essere riconoscente a chi ti dà un lavoro, quasi come se ti facesse un piacere. Di Vittorio si sta rivoltando nella tomba.
  6. Fregano: se sei un disonesto, lo sei dovunque. Sai che tra i miei colleghi sono uno dei pochi a non aver mai preso il tram senza avere il biglietto valido? La finlandese per esempio, non l’ha mai fatto e, cosa molto importante, non mi dai del ladro senza conoscermi (se lo fai, ti consiglio di tornare all’ultimo periodo del punto 1).
  7. Il crescendo di puttanate termina con il gran finale. Il periodo finale non ha senso, c’è qualche verbo che manca nel testo perciò proviamo ad interpretare quello che sembra swahili. Io sono sempre contento di tornare in Italia. Mi dà fastidio che ci siano persone che scrivono puttanate, politici che rubano e persone che giorno dopo giorno perdono la speranza. Ma sono contento di tornare in Italia. Perché l’Italia è il paese che amo (se hai colto la citazione, dovresti preoccuparti meno di Dudù) e perché, pur di rivederla ogni giorno, ho piazzato degli stuzzicadenti con il tricolore in svariati posti dell’ufficio.

Me n’è rimasto uno. Ho sentito che c’è abbastanza posto al termine del tuo tubo digerente. Magari quando torno per le feste…