15 Aprile 2013 – San Nicolàs del Real Camino
La giornata è iniziata molto presto con una buona colazione insieme a Jill e Jenny, le due signore australiane incontrate una settimanella prima sulla via per Burgos. Ho riposato davvero bene dopo un giorno in fin dei conti leggero e rilassante.
Il sentiero è stranamente affollato; probabilmente perché, come spiegato ieri, molti si fermano prima di intraprendere diciotto chilometri di solitudine e breccia. Il tempo ci aiuta in queste prime ore: il sole è coperto e non fa caldo. Cerco di approfittare di questi inusuali aiuti della sorte per mettermi alle spalle quanta più strada possibile. Questo mi porta a separarmi momentaneamente dalle australiane.
Quando ritorna il Sole, tutto è di nuovo in salita. Cammino comunque con un buon passo, sfruttando la freschezza dovuta al precedente giorno di relax. Probabilmente uno dei pochi giorni in cui non mi lamento di dolori ai piedi sul mio diario:
Non ci sono novità rispetto a ieri, sono a quasi un’ora e mezza da San Nicolàs, mio punto di arrivo odierno. Strada brutta oggi, niente da vedere, niente da fare, camminato solo con i miei pensieri.
Mentre pranzavo e scrivevo un paio di lettere, a Terradillos de los Templarios, Jill e Jenny si sono fermate a pernottare nell’albergue che per me era invece una bella pausa prima della passeggiata finale. Ad un certo punto ho perso di vista anche gli amici con cui avevo festeggiato a Frómista. Sono di nuovo solo. Mi viene in mente Leopardi:
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura.
Non avevo una siepe a limitarmi lo sguardo, ma mi sono comunque sentito un naufrago nei miei pensieri.
Tra tutte queste riflessioni, sono riuscito a trovare anche qualche rara bellezza della natura:
San Nicolàs si è presentato come un altro dei paesini fantasma sperduti nelle mesetas. Nessuno per strada, una strada, tre case, un albergue, un ristorante ed una chiesa. Ho incrociato brevemente Elena, spagnola sulla trentina che conoscevo già di vista da qualche giorno. Mentre io sono arrivato all’albergue, lei partiva alla volta di Sahagún, otto chilometri più vicina a Santiago. Avevo pensato anche io di arrivare in quella città all’inizio, ma poi comunque sarei arrivato in due giorni a León e allora ho spalmato le tappe in modo leggermente diverso.
Dopo la consueta doccia e il lavaggio della biancheria, sono andato in esplorazione presso l’unico ristorante del paese. Il mio obiettivo era avere informazioni di intelligence sulla diversità di pietanze tra la cucina dell’albergue e quella del ristorante. Un’attenta analisi dei menu mi ha portato a rischiare la cena al ristorante, visto che tutti gli altri pellegrini (non molti) avevano placidamente deciso di rimanere a cenare nell’albergue.
Devo ammettere che sono rimasto veramente soddisfatto della cena, nonostante mi lamentassi sempre del cibo. Non sono mancati gli imprevisti, come in ogni missione di spionaggio che si rispetti:
Il proprietario è stato molto gentile, ero l’unico cliente!
Porzioni abbondanti: zuppa all’aglio con uova e bacon, mi sono inguacchiato la camica vafammock!
Ricordo di aver scritto una lunga lettera al mio caro amico Giulio quella sera, spedita subito perché avevo fatto scorta di francobolli proprio in previsione di questi paeselli dimenticati da Dio. La provincia di Palencia è stata davvero strana, ma tutto sommato piacevole. Da domani si entra in quella dell’agognata León.
IL CIELO STELLATO SOPRA DI ME
LA LEGGE MORALE DENTRO DI ME
I CALLI AI PIEDI SOTTO DI ME
La sensazione è quella che il peggio inizi a essere alle spalle. Scoprirò di aver errato.