14 Aprile 2013 – Carrión de los Condes
Mettiamo un po’ d’ordine…
Inizia così il mio diario il 14 Aprile. Dopo la notte brava a Frómista, svegliarsi alle 06:00 per mettersi in marcia non è stato per niente facile. Giramenti di testa e acuta sonnolenza hanno caratterizzato i primi passi. Uscendo dall’albergue si poteva ancora vedere gente per strada nei bar, a festeggiare con i sopravvissuti alla nottata.
Mentre sono in marcia, tuttavia, mi ricordo che è domenica. Ma non una domenica qualunque. C’è il Gran Premio di Formula 1 in Cina e io sono sempre stato un tifoso Ferrari. E’ domenica, il sabato sera è stato abbastanza anomalo, c’è la Formula 1 e c’è una terra di nessuno lunga 18 Km tra Carrión de los Condes, a 20 Km da Frómista, e il paese successivo (in mezzo il nulla, neanche una fonte d’acqua). Nella mia mente questi tre elementi mi hanno portato a sentenziare un’unica cosa: tappa materasso.
Sarebbe un suicidio infatti fermarsi a pranzare a Carrión e poi affrontare diciotto chilometri di deserto, dopo pranzo sotto il sole. Il piano è dunque questo: grosso sprint per 14 Km fino Villacazar de Sirga, aiutati dalle (poche) energie mattutine, “sostone” per il Gran Premio, e poi ultimi 6 Km in scioltezza fino a Carrión.
Sono arrivato a Villacazar ed entrato nel primo pub sulla strada. Appena varcata la soglia del locale, ho visto in TV Fernando Alonso (pilota Ferrari) in piedi sulla sua monoposto che sventolava una bandiera del Cavallino Rampante. Giusto per essere sicuro che non fosse un’allucinazione chiedo alla barista se davvero Alonso avesse vinto. Lei, gentilissima, mi conferma e allora via ai festeggiamenti. In un paio d’ore avrebbero ritrasmesso la replica e quindi ne ho approfittato per prendere possesso del locale: birra, panino e rutto libero. L’estasi.
Dopo aver visto una gara magistrale da parte di Fernando, mi sono incamminato felice e soddisfatto per l’ultima oretta di marcia verso Carrión. Nel frattempo siamo entrati nelle ore più calde della giornata. Adesso fa davvero, davvero, caldo. Si suda e non c’è un ombra neanche a volerla pagare col sangue. La Tierra de Campos è piatta, perfetta per la coltivazione se riesci a portare degli efficienti canali di irrigazione. Non certo perfetta per farci passare in mezzo un dannatissimo Cammino.
Essendo ormai a metà del Cammino, è tempo di previsioni:
Riposarmi mi farà bene, ho un buon ritmo e adesso vediamo se fino a León riesco ad essere in pari con l’itinerario veloce da 23 giorni. Ho perso un giorno in tre giorni [rispetto all’itinerario di pellegrinando.it, ndr.] quindi ora sono ad almeno 25 giorni [di Cammino per arrivare a Santiago, ndr.]. Ho ancora un ottimo margine, che spero di spendere in Galizia.
Il paese di Carrión è molto carino. Si vede che molti pellegrini si fermano qui, visto il grande ostacolo che subito si presenta dopo questo centro abitato. Il rifugio parrocchiale è tenuto da delle suore, dolcissime e molto ospitali. Se devo essere sincero, è in questo paese che ho iniziato ad avere le mie prime riflessioni sulla mia Fede. Mi sono confessato dal parroco, che parla italiano, e ho seguito la Santa Messa.
Ho avvertito qualcosa, difficile da spiegare, ma qualcosa di non trascurabile. Un altro aspetto che mi sono prefissato di approfondire con me stesso nei giorni successivi.
Le suore del rifugio preparano ogni giorno un incontro con i pellegrini per conoscerli e far sì che anche i pellegrini si conoscano meglio tra di loro. In questo paese ho incontrato persone con cui rimarrò in contatto fino alla fine del Cammino, come Ramòn, di Tarragona e Henryk dalla Polonia.
Henryk ha catturato subito la mia attenzione: non parla altra lingua che il polacco. Uomo che va verso la terza età, indossa una spilletta circolare sulla maglia. Su questa spilla c’è scritto il suo nome ed è raffigurata una bandiera polacca. E’ l’unico modo che ha per presentarsi alla gente. Aspetto fragile ma gran ritmo di marcia, dovuto prevalentemente a quella che sembra essere una tenacia che ha radici talmente profonde da spingerlo ad intraprendere un pellegrinaggio in una terra dove non ha possibilità di parlare con nessuno, se non con sé stesso.
Con ogni probabilità è mosso da una grandissima Fede. I polacchi sono sempre stati molto cristiani e ricordo l’atmosfera che si respirava al santuario di Jasna Góra a Czestochowa durante l’Eurojam e anche all’Euromoot. E’ una di quelle persone che sembra avere tanto da raccontare. Avrei voluto conoscere la sua storia, ma non sarà mai possibile. Ci incroceremo quasi sempre fino a Santiago.
Le suore ci hanno invitato a cantare qualche canzone dei nostri luoghi di provenienza. Quando Henryk l’ha capito, ha chiesto di potersi esibire anche lui, sfoggiando un’armonica a bocca e mimandoci la sua intenzione di voler suonare qualcosa di tipicamente polacco. Inutile scrivere quanto fosse bravo nel suonare brani vivaci e toccante in quelli più malinconici. Non è volata una mosca per tutto il tempo della sua esibizione.
Quando è toccato a me, data l’atmosfera, ho cantato “Madonna degli Scout” chiedendole che potesse conceder loro un cuore forte per il proseguio del loro Cammino.
E il ritmo dei passi ci accompagnerà,
Là verso gli orizzonti lontani si va.
In paese ho incrociato nuovamente Jill, Jenny, Sheryl e Glenn. Sono rimasto d’accordo con le australiane che avremmo fatto colazione insieme al mattino successivo, prima di affrontare quei diciotto chilometri.
La sensazione di essermi riposato non mi ha comunque fatto pensare di ritardare troppo l’orario in cui andare a dormire. Meglio conservare questo tesoretto di freschezza per i prossimi giorni, piuttosto che dilapidarlo in fretta.
Il grande obiettivo adesso è la città di León, a tre giorni di cammino. che dovrebbe decretare la fine delle mesetas. Un traguardo intermedio molto ambito, per potermi mettere alle spalle questi giorni difficili e solitari.