2 Aprile 2013 – Roncisvalle
Sveglia puntata alle 06:30, in modo da essere pronti all’apertura dell’Ufficio Accoglienza di Saint Jean Pied de Port. Anche stavolta ho dovuto aprire il cancello laterale e svegliare con discutibile delicatezza la hospitalera presente, in modo da ottenere la Credenziale con il primo timbro.
Una volta completate queste piccole formalità, è il momento di mettersi finalmente in marcia.
Appena usciti dalla cittadella, per sbaglio intraprendo per una manciata di metri la via alta. Me ne sono accorto perché sono segnate in modo diverso (rossa quella alta, verde quella bassa) e perché inizia con una salitaccia già dentro il paese. Ero già un po’ immerso nei miei pensieri, prima di “svegliarmi” e prendere così la strada bassa.
Alle 10:30 arriva la prima sosta a Valcarlos, dove finalmente posso mangiare qualcosa, essendo a digiuno praticamente da quando ho lasciato l’Italia: un bocadillo con jamòn y queso (panino con prosciutto e formaggio), per la precisione. Sarà il primo di una lunga serie di bocadillos mangiati durante la marcia. Scriverò sul diario:
Prima sosta dopo St. Jean. Inizio stanchezza.
Aspetto panino caldo con prosciutto e formaggio. Prime due ora e mezza nella norma.
Dopo essermi rifocillato, le energie sono tornate e ho continuato la tappa incrociando Caleb e Ji lungo la strada. In realtà avevo un passo migliore e ho camminato con Caleb, lasciando Ji poco indietro.
Cammino nei boschi dei Pirenei, andando verso Roncisvalle. Il tempo è malevolo: una leggera pioggia si è trasformata in poche ore in una fastidiosa grandine e non mi meraviglio di come un pellegrino brasiliano sia morto sulla Route Napoleon solo due settimane fa.
Due settimane fa. Ero completamente concentrato sulla preparazione della mia laurea. Mi viene da sorridere al pensiero di quei giorni frenetici. Ho speso tre anni ad imparare cose che ho a malapena digerito nei cinque precedenti, ma l’obiettivo è stato raggiunto.
Sono stato per giorni interi a raccogliere i dati di un’apparecchiatura che avrei preso volentieri a martellate, con buona pace del progresso scientifico – i dati non tornano, deve esserci qualcosa di strano, proviamo a riaprire la camera a vuoto – si scopre così che c’è una perdita di gas da uno dei tubicini di immissione: esperimento da buttare. Poco importerà per la mia laurea. Alla fine, da gran paraculo, l’idea è stata quella di presentare un risultato sbagliato in modo da convincere la commissione che, se qualcosa va storto su quell’apparecchiatura, siamo in grado di accorgercene immediatamente e di capire cos’è. Wow.
Cosa succede invece se va storto qualcosa qui, sui Pirenei, come è accaduto al povero brasiliano? Fosse ancora vivo, potrei chiederlo ad Orlando, il paladino francese massacrato dai baschi insieme alla retroguardia dell’esercito di Carlo Magno. La salita da Valcarlos al passo di Roncisvalle ancora oggi sembra il punto perfetto in cui preparare un’imboscata. Per qualche chilometro sei costretto a camminare in una stretta vallata, salendo di qualche centinaio di metri.
A parte la memoria della battaglia, il pensiero principale durante questa prima giornata di marcia è stato una specie di imbarazzo. Ti trovi ad iniziare qualcosa che temi possa essere più grande di te, ma che comunque sai di voler terminare ad ogni costo. E’ un sentimento difficile da spiegare. Non è un non sentirsi all’altezza o avere timore di non farcela, ma è come essere di fronte ad una donna incredibilmente bella e non avere niente da dire, se non ammirarla in silenzio. Questo è stato il primo giorno di Cammino: imbarazzo.
Nel pomeriggio io e Caleb siamo arrivati al vero e proprio paese di Roncisvalle, dopo aver passato il sobrio monumento ad Orlando (nel punto in cui la tradizione vuole che l’eroe sia morto) e aver preso posto nell’ampio e ben tenuto Albergue Real Collegiata. Doccia calda riparatrice e cena presso un ristorante, dove inizi a prendere confidenza con il “Menu del Peregrino”: primo e secondo piatto, con acqua vino e dessert per nove o dieci euro. Un buon prezzo per un buon servizio.
Ho cenato con Caleb e siamo stati messi al tavolo insieme ad un uomo spagnolo (Carlos o Marcos, non ricordo, non lo rivedrò praticamente mai più) e Sparky, una ragazza americana del Wyoming, simpaticissima, appena arrivata a Roncisvalle e che avrebbe iniziato l’indomani il suo Cammino.
Scriverò sul diario:
Incontrato al bar un pazzo sardo che si è fatto offrire da bere. Dice che è la settima volta che fa il Cammino e che è andato a Finisterre e ora sta tornando a piedi. Mah… […]
Ci siamo presi anche della grandine. […]
Ho avuto già un paio di momenti da “Chi cazzo me l’ha fatto fare”. Non saranno gli ultimi, sicuramente. […]
Quanto cazzo sono orribili le infradito con i calzettoni! […]
L’impressione è che arrivare alle 14:30 sia un po’ presto, soprattutto se sei in un paesino come questo, con poche cose da vedere. Se domani i piedi mi assistono posso spingermi per altri 4-5 Km. Magari non presto, ma in futuro voglio arrivare a 35 Km/gg.[…]
Ho incrociato un ex scout FSE francese (zona Parigi), parla molto, m’ha già cact u cazz. Il soggetto sardo comunque è allucinante: ubriacone poliglotta, conosce anche qualcosa di basco ormai. Secondo me finirò come lui prima o poi. […]
Sveglia alle 06:00
Conclusa la cena, è già tempo di andare a dormire e subito puntuale è arrivata una delle lezioni più importanti quando si vuole preservare il proprio sacrosanto sonno: mettersi assolutamente i tappi alle orecchie. Avevo infatti di fianco una ragazza che russava in maniera ridicola e inverosimilmente sonora. La gentile donzella mi ha svegliato nel bel mezzo della notte, costringendomi a scendere dal letto a castello e prendere (con non poche imprecazioni in foggiano) i tappi nello zaino. Grande acquisto prima di partire, i tappi.
Essi salvano davvero la vita e la tua sanità mentale, la quale pare essere già pericolosamente a rischio dopo solo due notti.