Qui a Monaco ho avuto il piacere di conoscere Anna Leone, originaria di Catanzaro e trapiantata anche lei da tempo in Baviera, dove lavora come traduttrice e insegnante.
Simpatica e solare, una delle sue passioni è la scrittura. Il suo primo libro “Alba e tramonto spesso non si distinguono bene – ritratti di assenze” è una raccolta di brevi racconti e riflessioni della scrittrice. Nonostante la recente pubblicazione, l’opera di Anna Leone ha una storia più complicata: il libro è stato scritto durante gli anni del liceo su una macchina da scrivere, ma poi messo in un cassetto per dieci anni. Invecchiato come un buon vino in una botte di rovere, Anna ha ripreso il suo “bambino” dopo tanto tempo ed ha trovato un editore disposto a darle fiducia.
Il risultato è un libro che si fa leggere con piacere, pieno di quella introspezione leggera nelle parole ma intensa nel significato che è spesso tipica di una scrittura femminile. Nel caso in cui foste interessati, è possibile acquistarne una copia su Amazon seguendo questo link.
Per coloro che non temono le sfide di una lettura nella lingua di Albione, segnalo anche questo breve racconto in formato ebook: link.
Spero di poter ricambiare presto il piacere di una buona lettura consegnando ad Anna una copia di “Peregrino”, una volta terminata (quando?) la sua scrittura.
L’Eurojam 2014, dove più di 12.000 scout e guide provenienti da tutto il Vecchio Mondo si sono incontrati in Normandia, appartiene ormai agli annali della Federazione dello Scoutismo Europeo (FSE) e ai cuori dei suoi partecipanti.
A cento anni dallo scoppio della Grande Guerra, abbiamo fornito al mondo una fortissima testimonianza di fratellanza e pace tra i popoli, pur non nascondendo gli inevitabili screzi culturali che hanno caratterizzato il nostro continente per millenni. Italiani e francesi, ucraini e russi, tedeschi e tutti gli altri: lo sforzo di fratellanza è andato oltre le innumerevoli storie di sangue e divisioni che ci sono state tra di noi.
Mi metto in prima fila tra chi ha criticato spesso e ad alta voce il misto di arroganza e noncuranza dell’organizzazione francese nei confronti del numerosissimo contingente italiano. Sfido qualunque dei miei compatrioti a contraddirmi, soprattutto per quanto riguarda il razionamento alimentare e la mancanza di comunicazione. Nonostante questo, si è cercato sempre di guardare avanti, di andare oltre, di evitare di dare un’occhiata alla bandiera indossata sull’uniforme prima di farsi un giudizio sulla persona che si ha davanti. Non è stato facile, ma questo è uno dei grandissimi punti di forza (e di speranza) di ogni Eurojam.
Gli italiani, inoltre, sono ancora maestri nel dividersi a vicenda. Come scrisse Mameli:
Noi fummo da secoli calpesti, derisi perché non siam popolo, perché siam divisi.
C’è ancora uno zoccolo duro, presente soprattutto in alcune regioni, che resiste strenuamente alla creazione di un’unica identità italiana. Lo scoutismo è uno spaccato della società civile. Ciò che accade al campo, accade ogni giorno a diversi livelli, dallo scambio di battute per strada con un estraneo fino alle nostre vetuste aule parlamentari.
Personalmente, questo Eurojam è stata un’esperienza molto forte, caratterizzata da quella sensazione di “chiusura del cerchio” che era nata alla fine dello scorso Eurojam, effettuato nel 2003 a Zelazko (Polonia). Come ho spiegato al mio riparto durante l’ultimo fuoco di questo campo: qualcuno ha portato me in Polonia da esploratore, soltanto dodicenne, e così io, a distanza di undici anni, ho portato loro in Francia da Aiuto Capo Riparto a vivere la stessa esperienza. Il mio augurio è che tra questi ragazzi ci possa essere il futuro capo che porti il riparto “Fenice” del Foggia 1 al prossimo Eurojam nel 2024.
A causa del mio carattere, ho cercato di creare il maggior “scompiglio” possibile all’interno degli avrebbero-dovuto-essere-organizzatissimi piani dell’Eurojam. L’azione migliormente riuscita credo sia stata dare il via ad un’ondata di “Free Hugs” durante l’attività di mutua conoscenza tra scout organizzata uno degli ultimi giorni di campo. Offrire abbracci gratis nell’area comune in cui ragazzi e ragazze avevano modo di incontrarsi ha permesso di rompere il ghiaccio con tante persone e dare un segno tangibile di fratellanza tra scout di nazionalità diverse. Un gesto che è stato subito ripreso da altre persone ma che non ha riscosso un enorme entusiasmo tra i grandi capi che assistevano alla scena. Mi dispiace ragazzi: non solo scripta ma anche res manent. Permettetemi di affermare con un pizzico di inusuale romanticismo che tutti i bellissimi discorsi delle cerimonie verranno presto dimenticati, ma il ricordo degli abbracci senza senso e con un sorriso cretino stampato in viso rimarranno molto più a lungo.
Creiamo una nuova Europa con i gesti, non con le parole. Questo Eurojam non ne è stato ovviamente il primo, né forse il più significativo, ma l’importante è che non ne sia l’ultimo. E a tutti potremo poi dire con soddisfazione: venite et videte ciò che è stato fatto, ciò che è stato ricostruito, ciò che dovremo difendere.
“Usciti da quel piccolo paesino, il sentiero era circondato da bellissime colline e foreste. Tutto era stato coperto dalla brina durante la notte. Io e Caleb chiacchieriamo e camminiamo per scaldarci. All’improvviso, appena saliti in cima ad una piccola altura ed entrati in un altro villaggio, iniziò a nevicare copiosamente. In un batter d’occhio case, strade, marciapiedi e campi vennero avvolti in una coperta bianca.
Nonostante fossimo sicuri di essere sobri e aver smaltito la sbornia della serata precedente, ci scambiammo uno sguardo pensieroso. Un americano dal Kansas e un italiano dalla provincia di Foggia: solamente due persone cresciute in una foresta tropicale avrebbero potuto essere meno esperti con la neve di noi due. Scoppiammo a ridere. I più grossi fiocchi di neve che abbia mai visto si posavano soffici sui miei guanti, sul mio zaino e sul cappellone della mia uniforme. Più divertente ancor sarà!
In mezzo al nulla, potevamo alzare lo sguardo e ammirare un’infinita cascata di enormi cristalli di ghiaccio che copriva per intero il cielo grigio fino all’orizzonte. Un’incredibile forza della natura a cui non eravamo per niente abituati. Finito l’effetto sorpresa, tuttavia, la nostra attenzione tornò al freddo e a come evitare di diventare due pupazzi di neve viventi. Le frecce gialle inoltre iniziavano a scomparire sotto la soffice ma inarrestabile avanzata del manto di neve. Non c’era tempo da perdere.
Arrivammo in pochi minuti a Mañeru, l’ennesimo minuscolo paesino sul Cammino di Santiago. Non avendo fatto ancora colazione, decidemmo di fermarci nella prima tienda disponibile. Entrammo in un mini-market quasi sfondando la porta e venendo investiti dall’aria calda che c’era all’interno, rischiando di spaccarci come dei cubetti di ghiaccio buttati in una pentola con acqua bollente. Buenos dias!
La sosta doveva essere breve, e la ragazza al bancone capì subito di cosa avevamo bisogno: un bocadillo al volo, con chorizo della zona e molto piccante. Ne mise almeno duecento grammi nel panino. Era così abbondante che avrei potuto inginocchiarmi di fronte al balcone e chiederle di sposarmi con prosciutti e caciotte a fare da testimoni. Lì, sotto la neve, in Cammino.”
– Piccola anteprima della storia che sto scrivendo sul mio Cammino! Spero vi piaccia, magari lascerò altri piccoli estratti prima di riuscire a scriverla e correggerla tutta. Nel frattempo è sempre disponibile il racconto (completo ma meno narrativo) sul blog, raggiungibile qui: Racconto del Cammino di Santiago. Commenti e critiche sono ben accetti!
La scrittura di “Peregrino” avanza più regolarmente rispetto a Marzo. In modo più o meno volontario, mi sono esiliato dalla vita mondana di Monaco di Baviera. Meno distrazioni, più parole su un foglio bianco. Non un boccale di birra tra amici, ma un bicchiere di latte freddo bevuto di fronte al monitor del mio fido laptop, romito.
L’indice della mia mano sinistra sul tasto CTRL e il medio sulla S scandiscono ogni due minuti i progressi di ogni capitolo.
Sant’Agostino disse che la vita è un libro e chi non viaggia è destinato a leggerne solo una pagina. Scrivere un piccolo libro su un viaggio, d’altro canto, sembra molto simile a rileggere la propria vita. Al ritmo di una canzone folk.
Peregrino, Quién te llama? Qué fuerza oculta te atrae?
Il “Cubo da compagnia” (abbreviato CC) è un oggetto cult legato alla serie di videogames “Portal”. Esso è inanimato, non parla e non è capace di muoversi in autonomia. La sua storia è inevitabilmente legata a quella del giocatore e del suo alter ego virtuale nel mondo di Portal: Chell, una cavia umana intrappolata nel “Centro di arricchimento della Aperture Science”.
Il canale YouTube “The Game Theory” ha pubblicato tempo fa un video in cui si cerca di indagare su un’eventuale verità nascosta dietro il pezzo di metallo più puccioso della storia. Cercherò di spiegare in italiano ciò che viene esaminato in quel video, immaginando che il lettore sia già familiare con la trama e l’ambientazione del gioco.
Il Weighted Companion Cube ha riscosso un enorme successo nella community di videogiocatori, essendo di fatto promosso da semplice “item” a vero e proprio “character” della serie Portal. Entra in scena dopo svariate camere di test affrontate in solitaria ed è l’unico “amico” che la crudele Intelligenza Artificiale GlaDOS ci permette di avere.
Il suo aspetto è così rassicurante che subito ci fidiamo di lui. Il CC è fondamantale nella risoluzione di alcuni grattacapi, ma chi di noi si è mai chiesto cosa conosciamo sulla vera natura del CC? Quale segreto è nascosto dietro i suoi innocui cuori rosa?
Prima di provare a rispondere a questa domanda, è utile capire perché il gioco ci porta ad amare così tanto il Companion Cube.
Nel video si fa riferimento ad alcuni esperimenti di psicologia su cavie umane eseguiti da Donald Hebb. Queste cavie erano private di ogni esperienza visiva e auditiva e chiuse in alcune camere per giorni. Ogni esperimento sarebbe dovuto durare per quarantadue giorni, ma nessuno ha resisito per più di quattro prima di impazzire e cadere in preda ad allucinazioni.
Nel gioco, le camere da test sono affrontate tutte in solitaria fino alla numero 17, dove ci viene affidato il CC. Siamo pronti ad avere finalmente un qualcosa che ci ricordi un amico, dopo aver ascoltato per tutto il gioco solo la voce ingannevole di GlaDOS. Tutto ciò ricorda quello che capita nel film “Castaway”, quando Tom Hanks inizia a parlare con Wilson, la palla insanguinata. Personalmente, non sono arrivato a tanto quando sono stato per tanto tempo da solo durante il mio Cammino di Santiago, ma ci è mancato poco. Avere per giorni interi solo la propria ombra come compagna di marcia ti porta a guardarla in modo diverso. Quasi a parlarci.
L’uomo è ed è sempre stato un animale sociale. Ulteriori ricerche sembrano essere arrivate al punto di affermare che le persone solitarie siano più inclini a credere che oggetti inanimati possano provare emozioni e ad avere una sorta di coscienza autonoma. Non conosco queste ricerche, ma mi sembra una cosa plausibile o comunque da non escludere a priori.
Sì, è davvero un tatuaggio del Companion cube.
Il Cubo da compagnia arriva dunque al momento giusto. Perché mai non dovremmo fidarci di lui?
In inglese è presente un aggettivo: “weighted”, appesantito. L’ipotesi è quella che il peso contenuto sia quello di un’altra cavia umana della Aperture Science. Un altro dei test subject del Centro di Arricchimento, proprio come Chell, ma morto durante il suo esperimento. Cosa ha portato il nostro Youtuber a credere una cosa del genere?
Prima di tutto, il nome dell’achievement sbloccato quando il CC viene lasciato cadere nell’inceneritore: FRATRICIDIO. Inoltre, alcuni calcoli effettuati dall’autore del video sembrano confermare che il volume del CC sia sufficiente ad ospitare un corpo umano. Ci fidiamo della sua matematica e prendiamo il risultato per buono. All’inizio di Portal 2, inoltre, si possono vedere le “scatole” in cui le migliaia di prigionieri/cavie del Centro di Arricchimento hanno vissuto. E’ possibile che alla loro morte siano state conservate in strutture, i CC, più facili da stoccare ed eventualmente smaltire?
Esaminiamo come viene descritto il CC da GlaDOS:
Chell viene rassicurata a più riprese: “Non può pugnalarti, minacciarti o parlare. Se dovesse parlare, Aperture Science ti consiglia di non dargli ascolto”. Nel gioco, ogni affermazione di GlaDOS va sempre messa in discussione ed è quasi sempre il contrario della verità. Questo lascerebbe pensare che il CC può effettivamente parlare e che bisognerebbe dargli ascolto, oltre alla piccola eventualità di trovarsi una lama piantata tra le scapole.
Nei fumetti di “Portal”, un dipendente della Aperture Science, Doug Rattmann, sembra avere delle conversazioni con il suo CC. Rattmann sembra essere psicologicamente instabile, ma i consigli che riceve dal suo cubo gli salvano la vita a più riprese. In Portal sono presenti a più riprese alcuni nascondigli e scritte sui muri in aree il cui accesso non è previsto dal programma di testing. Molte di queste aree sembrano mettere in guardia Chell da ciò che lei sta vivendo.
Quelli che sembrano essere dei colleghi di Rattmann, con i loro volti sostituiti da cubi da compagnia. Un indizio?
Le credenziali di accesso sul muro sembrano essere inoltre un allusione alla vera identità di Chell. Consiglio la visione di questo video, con un altra “conspiracy theory” a riguardo.
“Il cubo da compagnia PARLA” – “Non ho allucinazioni. Tu le stai avendo.”
Semplice schizofrenia? Ascoltiamo quest’altra frase di GlaDOS (Portal 2):
“Forse quello lì stava per dire “Ti voglio bene”. Ovviamente, sono esseri senzienti, ne abbiamo così tanti…”.
Considerando come GlaDOS non sia una IA che spari stronzate a salve (al contrario, le sue menzogne sono spesso veri e propri proiettili), è difficile capire dove sia la verità. Se i cubi da compagnia sono esseri senzienti, è probabile che anche loro siano, o siano stati parte di un esperimento. Aggiungo qualcosa di mio a riguardo, che non è presente nel video: abbiamo una scatola ed un potenziale essere vivente al suo interno. Non possiamo sapere se esso sia vivo o morto finché la scatola resta chiusa. Vi sembra di aver già sentito una storia del genere?
Nel gioco non sono assenti richiami al paradosso del gatto di Schrödinger. Ricordo di aver catturato questo screenshot io stesso:
Equazione e paradosso di Schrödinger, scarabocchiati da Doug Rattmann. Sulla destra, lo schizzo del gatto e del cubo da compagnia sembrano coincidere pericolosamente.
Le cose iniziano ad essere sospette. Tornando al video, il suo autore nota come il lessico usato da GlaDOS per i cubi e per gli umani sia lo stesso:
“Abbiamo interi magazzini pieni di quei cubi. Non servono a niente, sono felice di potermi disfare di alcuni di loro”. Per tutto il gioco, GlaDOS utilizza le parole “Worthless” e “Useless” (“Senza valore” e “inutile”) per descrivere solamente le caratteristiche della vita umana:
“Ricordi quando ho accennato a dei rifiuti puzzolenti senza valore e inutili? Era una metafora: mi riferivo a te.”
Quando nel gioco, inoltre, si butta nel fuoco uno di quei Companion Cube, il suono proveniente dalla scatola sembra a dir poco sospetto, ma qui si corre il rischio di cadere davvero nel paranoico. Quest’ultima prova sembra essere dunque molto discutibile, ma c’è un’altra coincidenza da considerare.
A differenza di tutti gli altri oggetti in Portal, solo il CC non passa mai attraverso la barriera di disintegrazione che protegge l’accesso ad alcune aree di test (“Material Emancipation Grill”, in inglese). Questa barriera disintegra qualunque oggetto inorganico o non autorizzato al suo passaggio.
Nel primo Portal il CC deve essere bruciato prima che la porta verso la Emancipation Grill venga sbloccata. In Portal 2, invece, questa barriera sembra essere malfunzionante e disattivata solo nell’unico livello in cui si interagisce con un CC. Coincidenza? In un gioco così attento ai dettagli e dalla trama così subdola, è difficile pensarlo.
Un cubo “normale” o una torretta vengono disintegrati dalla barriera. La Portal Gun e le protesi di sostegno alle gambe di Chell sembrano fare eccezione o rientrare nella categoria degli oggetti “autorizzati” per l’esecuzione degli esperimenti, aspetto non preso in cosiderazione dall’autore del video. Gli oggetti più comuni, tuttavia, sono inorganici e non possono passare. Si può dire la stessa cosa di un Weighted Companion Cube? Nel caso in cui in un Cubo da compagnia sia davvero presente il cadavere di una cavia, al passaggio della barriera il cubo verrebbe disintegrato, ma non il corpo al suo interno. Non sembra sospetto il fatto che non sia possibile, nel gioco, verificare questa teoria? Per ritornare al paradosso di Schrödinger, non siamo in grado di aprire la scatola e verificare lo stato di vita/non-vita del gatto.
L’unica speranza che abbiamo di capire la verità è sperare in sequel. Alla fine di Portal 2, infatti, il Companion Cube viene sputato fuori insieme a Chell, prima che la porta dell’Enrichment Center si chiuda per sempre (?).
La prossima volta che una IA così mendace proverà a farti scegliere un Cubo per amico, per dirla alla Battisti, pensaci due volte.
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Alessio