Quest’oggi (ieri n.d.r.) abbiamo raggiunto tutti i nostri obiettivi: sveglia nella tarda mattinata, visita ad almeno un paio di spiagge, e cena a Sagres prima di trovarne un’altra per un pernotto selvaggio.
In mattinata, Giampaolo ha dovuto sfoggiare tutto il suo savoir-faire con un paio di poliziotti per evitare di farci incappare in una multa, dato che non era permesso campeggiare nel posto in cui abbiamo passato la notte, a Porto Covo. Dio benedica i tutti paraculi insieme al loro re: Giampaolo Longhi.
Il pomeriggio ci ha riservato due bellissime spiagge con altre onde da domare, sole caldo e cielo blu. Una vista ormai rara per chi come me si è trasferito al Nord Europa.
Lasciato l’Alentejo, siamo entrati in Algarve, la regione più a Sud del Portogallo. Per allietare il viaggio, abbiamo iniziato delle lezioni di portoghese con Duolingo. La verità è che sia io che Massimiliano troviamo veramente difficile sopportare il livello imbarazzante e maccheronico del portoghese di Giampaolo. Non che il suo inglese sia migliore.
Il tempo trascorso dalla mia ultima vera vacanza al mare, nel 2011, ha fatto sì che mi dimenticassi tutti quei piccoli fastidi della vita in spiaggia: la sabbia sul corpo mentre ti spalmi la crema solare, l’asciugamani che vola via se non sei seduto, il cibo insabbiato, la sabbia che ti scotta i piedi, la voglia di giocare a beach-volley eccetera… sensazioni che sono diventate “aliene” col passare degli anni.
Stanotte saremo a Praia da Igrina, a pochi chilometri da Sagres. Il vento tira forte e spinge il mare a infrangersi contro le scogliere che incastonano questa piccola spiaggia. L’oceano sembra non essere contento dell’esistenza di questa lingua di terra che si espande in direzione sud-ovest, e per ripicca la sferza con correnti costanti di acqua e vento.
Dopo un’ottima cena a base di pesce, con tanto di gesto generosissimo da parte dell’avvocato Pastore che ha strisciato la carta di credito per la nostra salvezza, è tempo di parcheggiare il caravan e piantare, ben fissate a terra, le nostre tende.
La terra rossa ai nostri piedi mi ricorda un po’ la regione de “la Rioja”, in Spagna sul Cammino, nonostante si trovi all’esatto opposto della penisola iberica. Il pensiero di quel pellegrinaggio (raccontato anche su questo blog) è diventato sempre più ricorrente e il fatto che non debba tornare a lavoro al mio rientro mi permette di sviluppare idee interessanti per il futuro.
Questo viaggio sta ricaricando delle batterie che temevo fossero ormai a fine vita. Nel caso in cui alcuni di questi programmi si realizzassero nei prossimi mesi, mi sentirei sicuramente in debito con questo bel paese.
La nostra Rover Journey non durerà ancora per molto tempo e, come in ogni viaggio, il suo valore ci sarà chiaro solo quando sarà finito nei nostri ricordi.
Verrà a portarci sollievo in un momento difficile, nel futuro, o a renderci malinconici perché saremo coscienti di non poterlo mai più ripetere?
Come si usa dire in questi casi: ai posteri l’ardua sentenza.