17 Aprile 2013 – León
Siamo a León! La città è molto bella, la cattedrale e il centro storico sono davvero affascinanti.
Non devono essere abituati agli scout qui, visto che mi fissavano tutti con aria strana o interrogativa. […]
Mi alzo di buon ora (anche troppo), mentre Elena vuole continuare a dormire. Poco male, prendo la mia roba e parto con l’accordo di ritrovarci in città. Ci siamo scambiati i numeri, ma usare Whatsapp per me era era possibile solo tramite Wi-fi. Maledetto roaming.
In teoria consideravo quella di oggi una tappa “materasso”, di soli 25 Km, in modo da potermi godere León in tranquillità. Ero comunque scettico al pensiero, perché sapevo che l’unico materasso che avrei trovato sarebbe stato quello dell’albergue.
Uscendo dal paese, mi viene in mente di prendere una pietra da lasciare alla Croce di Ferro, che avrei trovato qualche giorno più avanti. Era una antica tradizione dei pellegrini, quella di prendere una pietra, portarla per tutto o parte del Cammino, e poi lasciarla con una “buona intenzione” ai piedi della Cruz de Ferro. Appena mi è venuta in mente un’idea abbastanza buona, ho adocchiato una pietra e mi sono inginocchiato a raccoglierla. Detto, fatto: il mio zaino avrebbe sicuramente avuto meno spazio inutilizzato.
Ed è in quel momento che mi viene il cosiddetto “flash”: cazzo, ho dimenticato l’asciugamano nell’albergue! Come un cretino, l’ho lasciato ad asciugare ai piedi del mio letto e poi, per non accendere la luce la mattina e svegliare le tre donne che dormivano nella stessa mia stanza, non ci ho più fatto caso quando ho chiuso lo zaino. Ormai ero entrato in un rapporto di fiducia con quel piccolo asciugamano, riuscivo a farmi la doccia e ad asciugarmi solo con quella pezza, sviluppando un’abilità che non si può mai definire inutile.
La mia unica speranza era che lo prendesse Elena, perché non c’era alcuna possibilità che tornassi indietro. Zero spaccato.
La tappa non è comunque facile, fa caldo e la strada è brutta, sempre vicino a qualche importante arteria autostradale. León è una grande città ma almeno non si attraversano dieci chilometri di zona industriale come a Burgos. Quando si inizia a girare per i sobborghi, inoltre, si abbandona lo sterrato per andare su marciapiedi ed asfalto, tanto per gradire un po’ più di dolore ai calli.
C’è inoltre una sorpresa, come sempre: l’albergue municipale è chiuso da mesi e mesi, e dunque si viene dirottati presso un altro albergue di cui si conosce solo l’indirizzo, senza indicazioni su come raggiungerlo. Sfoggiando il mio spagnolo inesistente, chiedo indicazioni e con un po’ di intuito (leggi: culo) riesco a buttarmi sotto una doccia appena dopo pranzo.
Sono sempre stato gentile finora, ma al prossimo stronzo che mi chiede perché faccio il Cammino con la mia uniforme risponderò:
“Per capire chi si fa i cazzi suoi e chi no”.
Nel pomeriggio, il piano è quello di trovare una bar con Wi-Fi per conttattare Elena, e con della Estrella Galicia per rimettermi in pace con me stesso.
Non avevo idea di dove fosse Elena, ma per tutto il Cammino sono stato accompagnato con benevolenza da un feeling tipo: “se deve succedere, succede”. Ancora una volta, è successo: ho incontrato Elena girovagando per León, mentre pranzava, ed aveva anche l’asciugamano! Abbiamo approfittato per visitare insieme la città, nonstante lei avesse intenzione di fermarsi e prendersi un giorno di riposo.
Nell’albergue ho incontrato nuovamente Ramón e Henryk, il polacco che avevo conosciuto a Carrión de los Condes. La cena è stata tranquilla e mi sono rilassato, anche se potenti pensieri di solitudine mi hanno un po’ appesantito il morale. Le scorie dei giorni passati completamente da solo sono state dure da smaltire.
Il peggio sembrava essere alle spalle, tuttavia. Sul serio, questa volta.