Day 10 – Materasso scomodo

11 Aprile 2013 – Burgos

Strano che, tra me e Adeya, sia stato io ad avere il “compito” di alzarsi per primo e svegliare l’altro. Ma così è andata, e anche questa mattina ci siamo preparati di buona lena e atteso di riunirci con Jill e Jenny, le due signore australiane incontrate il giorno precedente.

Scriveranno sul loro blog:

Today was a reminder that the people you meet and walk with along The Way are the heart of The Camino.

As planned, we set off from St Juan de Ortega at 7am with Adeya and Alessio. They had spent the night in the 70 bed albergue (a bit damp and cold) while we managed to secure the last room in a new Casa nearby (very dry and warm!). But thanks to Jill’s quick thinking, we were able to ‘snaffle’ some muffins for them, which had been carelessly left in the dining room of our Casa. A worthy cause, surely.

As is our usual pattern, we walked for about 6 kilometres, to the village of Atapueca, where we tucked into a lovely breakfast. We three girls had tortillas potatas (our yummy spanish omelette) while Alessio had the largest chocolate croissant we’d ever seen.

Adeya che sta per entrare ad Atapuerca, un villaggio con importanti reperti archeologici.

Adeya che sta per entrare ad Atapuerca, un villaggio con importanti reperti archeologici.

Come avete potuto leggere, la giornata è iniziata col piede giusto grazie ai muffin che Jill e Jenny hanno sgraffignato dal buffet della loro pensione. Un ottimo incentivo a camminare, visto che prima dell’alba faceva davvero freddo.

A separarci da Burgos c’erano “solo” 25 Km, e nelle nostre intenzioni questa doveva essere una tappa “materasso”. L’idea è sempre quella di spingere un po’ di più il giorno prima per poi arrivare nella grande città e godersi almeno un pomeriggio di relax. Sul Cammino, però, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mal tempo.

La prima parte della mattinata è andata anche tutto sommato bene, con una buona colazione ad Atapuerca e una salitina tanto per sgranchirci le gambe, costeggiando una zona di addestramento dell’Esercito Spagnolo. Già a San Juan avevamo visto una squadra in armi ed evidentemente sotto addestramento. Diciamo che mi è bastato a prendere sul serio i cartelli che intimavano di non oltrepassare il filo spinato, anche se si sarebbe potuto tagliare qualche sentiero.

Jill, Jenny e Adeya. Burgos ci aspetta, all'orizzonte.

Jill, Jenny e Adeya. Burgos ci aspetta, all’orizzonte.

Verso metà mattinata, invece, l’inesorabile: Adeya inizia a crollare sotto il peso dello zaino. Cammina piano, è dolorante, percepisco chiaramente la differenza rispetto ai giorni precedenti. Ci separiamo da Jill e Jenny che invece, più riposate, riescono a tenere un passo migliore. La promessa è quella di vedersi in serata davanti alla Cattedrale di Burgos.

Anche io potrei tenere un passo migliore: nonostante tutto le gambe reggono e inoltre mi è comodo camminare spedito per riscaldarmi, visto il freddo, le piogge sporadiche e i pantaloncini. Poco prima avevo già allungato rispetto alle australiane ed Adeya, per poi fermarmi ad aspettarle e rifornirmi d’acqua.

Adeya mi parla, mi chiede di andare avanti perché mi tremano i denti dal freddo ad andare piano. Una proposta che non posso accettare. Non potevo lasciarla da sola a più di una dozzina di chilometri da una grande città come Burgos. Le spiego che avrei camminato con lei e di voler essere sicuro che raggiungesse Burgos. Una volta lì, si sarebbe pensato al da farsi. Anche perché all’ufficio postale c’è la possibilità di spedire alcune cose a Santiago, per evitare di portarsele dietro dopo che si sono rivelate inutili e pesanti.

Non è stato facile vincere la testardaggine di Adeya, ma alla fine mi sono imposto e per non farle forzare il passo mi sono accodato a lei. In questo modo lei non si è sentita “tirata” da qualcuno che cammina più celermente di lei e ha potuto procedere con più naturalezza. Un piccolo sollievo.

Per quanto mi riguarda, invece, rallentare di colpo mi ha quasi ammazzato. Può sembrare logico che camminare piano è più semplice. Non lo è, assolutamente. Soprattutto quando fa freddo, hai bisogno dello sforzo, hai bisogno di sudare, hai bisogno di calore. Se non lo fai, inizia a salire il muco, i muscoli sono freddi e al freddo, e la meta è sempre lontanissima.

Stringi i denti e vai avanti. Trovi un po’ di ristoro in una birra alla spina e in un locale caldo. Bestemmi quando esci e fa ancora freddo, nonostante siano le undici.

Ma le vere imprecazioni, le conservi per il tratto da Villafrìa a Burgos: dieci chilometri di squallida e orribile zona industriale, dove cammini sempre su un marciapiede di cemento che è il peggior nemico dei tuoi piedi. Passi di fianco ad un enorme fabbrica della Bridgestone e per un paio di chilometri vorresti solo vomitare, tanto il tanfo derivato dalla lavorazione degli pneumatici.

Molti prendono un autobus urbano da Villafrìa. Invece no, dovete farveli quei maledetti dieci chilometri. Ci dovete rimanere male a capire quanto può essere squallido il mondo che abbiamo costruito con la nostra arroganza di esseri umani. La puzza delle gomme Bridgestone deve intasarvi i polmoni, per farvi capire quanto è bella l’aria che avete respirato sui Pirenei solo dieci giorni prima.

La nota positiva è stata solo il fatto di esserci reincrociati brevemente con Jill e Jenny. Avevamo intenzione di fare una sosta tra Villafrìa e Burgos, ma tra capannoni e tir, abbiamo preferito forzare il ritmo e arrivare il prima possibile nel centro abitato, dove al primo bar ci siamo fermati e abbiamo mangiato qualcosa.

Usciti dal bar, il diluvio. Burgos è una grande città e dunque abbiamo dovuto camminare almeno un’altra oretta prima di arrivare all’albergue. Un’ora in cui ci siamo inzuppati e avrei voluto prendere a testate tutti i passanti che mi fissavano per il cappello o i pantaloncini che indossavo. Sul serio, mi sono mantenuto solo per rispetto all’uniforme che avevo nello zaino. A quanto pare, il classico “mezzo chilo di cazzi tuoi” non l’hanno preso in molti al banco salumeria, nonostante gli sconti.

Nel pomeriggio il tempo si è calmato, e siamo riusciti anche a trovare qualcosa di bello in questa città. Nella foto, la Cattedrale di Burgos.

Nel pomeriggio il tempo si è calmato, e siamo riusciti anche a trovare qualcosa di bello in questa città. Nella foto, la Cattedrale di Burgos.

Arrivare all’albergue e finire la tappa con una doccia calda è stato un sollievo unico. Ti senti una persona nuova, con l’uniforme pulita e i panni lavati ad asciugare sperando di non dimenticarli sul termosifone la mattina seguente.

I dieci chilometri di marciapiede si fanno sentire: Adeya è stremata ed è subito andata all’ufficio postale a spedire una buona parte della roba che aveva nello zaino, compreso il suo laptop, a Santiago. Gli oggetti vengono tenuti in fermo per quindici giorni. Considerando i tempi di spedizione, dovrebbero essere sufficienti. Al suo ritorno, mi dice che probabilmente l’indomani rimarrà ferma un giorno a Burgos per riposarsi. E’ una brutta notizia, significherebbe separarmi ancora da un compagno di viaggio, come accaduto con Caleb a Villamayor.

Sono pugnalate che incassi. Sai che inevitabilmente arriva il momento di separarsi ma ovviamente sul Cammino si vive alla giornata e non si guarda quasi mai oltre l’albergue in cui vuoi fermarti a dormire. La Strada fa crescere legami molto forti in pochissimo tempo, ti distrugge e ti ricostruisce come un uomo nuovo, continuamente.

Rimaniamo d’accordo che comunque l’indomani l’avrei svegliata. Poi si vedrà.

Incontriamo Claus nell’albergue verso sera, proprio prima di uscire per trovare Jill e Jenny. Andiamo tutti e tre dalle australiane, che nel frattempo avevano trovato un’adorabile coppia di signori del North Carolina: Sheryl e Glenn. Visto che i “vecchi” volevano andare a mangiare al ristorante e io invece premevo per trovare della Estrella Galicia, ci siamo separati per la cena e io, Claus e Adeya ci siamo messi alla caccia di un pub con la mia birra preferita.

Prima però abbiamo mangiato in un locale dove ho preso ancora della Morcilla di Burgos, in un “bocadillo” enorme. Me lo sono gustato come pochi altri piatti in vita mia. Davvero, davvero squisito. Sarà anche che avevo una fame da lupi a digiuno da due settimane. Ma lì, in quel momento, non mi interessava affatto.

La nostra caccia per un pub con l’Estrella alla spina ci ha portato a scovare un postone con tavolo da biliardo e biliardino. Ne è nata una serata stupenda, con diverse sfide al tavolo verde e birre servite in boccali ghiacciati.

Ogni didascalia è superflua.

Ogni didascalia è superflua.

Visto che anche Claus aveva camminato parecchio quel giorno (era partito da Villafranca, dodici chilometri prima di San Juan), quella serata poteva essere l’ultima che avremmo passato insieme. Si cerca di godere al massimo l’improvvisa amicizia che ci unisce, lasciando la malinconia al futuro, a quando si ripenserà a quei momenti. Un italiano, un danese e una canadese: non è l’incipit di una barzelletta ma è semplicemente una delle infinite storie del Cammino, uno degli innumerevoli legami che la Strada riesce a forgiare con disarmante naturalezza.

E' banale, ma trovare un tavolo da biliardo ha letteralmente fatto svoltare la serata. Una di quelle cose a cui non si fa caso quando si è sempre in città.

E’ banale, ma trovare un tavolo da biliardo ha letteralmente fatto svoltare la serata. Una di quelle cose a cui non si fa caso quando si è sempre in città.

Bellissimi ricordi. Ero felice nonostante sapessi, quando siamo tornati all’albergue, che sarebbe stato quasi impossibile ripetere una serata del genere il giorno seguente. Un retrogusto amarognolo, ma messo in disparte. Ci pensi ma non ci fai caso. Riesci a mettere da parte tutto, per goderti al massimo e in spensieratezza i momenti che il Cammino ti regala.

Alla fine Adeya mi dice che l’indomani proverà a svegliarsi con l’intento di camminare. Scriverò infatti sul mio diario:

Da domani inizieremo a camminare nelle famigerate mesetas. Dovrebbe essere un deserto, ma mi aspetto solo acqua e freddo.

Amen.

Giorno successivo –>